martedì 12 maggio 2009

A MANZIANA, 9 MAGGIO 2009




Affidiamo al vento cibernetico queste parole, che non contengono una fine né racchiudono una definizione, ma sottendono la promessa di nuovi orizzonti possibili da aprire all’anima….

Abbiamo iniziato avanzando a lenti passi, accolti benevolmente dal verde respirante millenari silenzi, risonante di mistici stupori, palpitante di inattese sensazioni. Dapprima un po’ impacciati, quasi procedendo in equilibrio precario sul filo teso dei rigurgiti del caotico mondo che ci siamo lasciati-per un po’ – alle spalle. Poi più decisi (ma non per questo meno lenti) sulla scia della percezione dell’essenza forte, serena e maestosa di queste querce secolari. Il flauto di Upahara musicava dolcemente le scansioni di melodie senza tempo, in cui si sperdeva l’interiorità animata da un soffio di emozione. Attimi di sospensione del dibattersi frenetico del pensiero, sottolineati dalla lettura, da parte di Paolo d’Arpini, di un prezioso tributo a questa foresta, ripercorrendo i passi che un anno fa proprio in questo luogo avevano sospinto la poetessa–contadina Etain Addey a ritrovare frammenti di sè esprimendo poi in queste parole la gioia di un ritorno:
“Non avrei mai immaginato che un bosco potesse commuovermi com’è successo in quello di Manziana…era come se l’inconscio riconoscesse immediatamente la sua matrice,e per la prima volta ho sentito che tutti noi siamo orfani di questo specifico habitat e come dolorosamente esso ci manchi nella vita quotidiana, e come ci sentiamo subito raccolti nel momento in cui lo ritroviamo. Ho dimenticato il numero di ettari ricoperti dalla foresta di Manziana, forse l’ho dimenticato apposta poiché fa male sapere i suoi reali limiti: nella mia mente essa è senza dimensione.”
E ancora:
“Si entra nel bosco ed improvvisamente si perdono tutti gli strati superficiali della propria personalità, ogni velo dietro al quale noi moderni ci nascondiamo. La sensazione fortissima è quella di trovarsi a casa, nell’habitat originario, nell’ambiente che appare solo nei nostri sogni…”
“Che si usi la definizione di cattedrale riferita ad un bosco è una metafora tristemente impropria, casomai è vero il contrario! Questa considerazione inoltre ci suggerisce qualcosa circa il significato di “spiritualità”, ossia quella dimensione che ci fa vivere fisicamente il mondo selvatico, rinverdendo così la nostra interiorità”.

Qualcuno, in base a queste sue riflessioni, l’ha definita “sciamana” e quel suo accenno di psico-magia è davvero appropriato per definire chi legge così chiaramente le presenze naturali e ne evoca le loro controparti soprannaturali, interpretando per tutti noi l’inesprimibile concetto che aleggia negli occhi ancor prima di venire consolidato nella mente.
Ma ognuno, in fin dei conti, è un po’sciamano, e ha un suo fantasmagorico modo di percepire i brividi con cui le onde del tempo aprono immense voragini sulla coscienza, imprimendovi le tracce di storie dimenticate, riti misteriosi, estasi devozionali, lacerazioni dell’animo, amori impossibili e quant’altro resta sospeso appena al di là della pellicola superficiale della materialità come magma ribollente pronto a riversarsi fuori dalle dimensioni non manifeste non appena apriamo un varco di introspezione, non appena esploriamo un po’ più a fondo le alterazioni nel tessuto della nostra esistenza e di questo strano mondo in cui siamo stati catapultati un giorno. Per questo la trasfigurazione interiore è sempre in agguato dietro ogni angolo nascosto della vita, e potremmo trovarci a cadere, con un grato sussulto, tra le sue braccia nel momento più inaspettato.
Sì, forse la visita a Manziana ci ha reso tutti un po’ più consapevoli che, maghi o giocolieri, apprendisti stregoni o psico-discepoli, buffoni di corte o giullari di Dio, ci affratella lo stesso Spirito che stende attorno il suo sguardo, magnanimo e rassicurante, dall’alto delle torreggianti querce del bosco.

Simone Sutra

Come vedete, ha partecipato all’evento anche una delegazione di aborigeni, inviati appositamente dal governo australiano per eseguire riti di fecondazione assistita. Nahh! Si tratta solo di Upahara, Vina e Adriano che hanno avuto la bella idea di sperimentare una maschera di bellezza low-cost utilizzando i fanghi sulfurei della caldara pozzolanica di Manziana, con risultati, per la verità, un po’ inquietanti. Rinviato a data da destinarsi il lancio commerciale del prodotto sul mercato.

di Simone Sutra